Per Greta, Romeo, Zoe, Emma e Viola, la felicità è la libertà di essere ed esprimere se stess3. Per Luigi, Cinzia, Barbara, Silvia, Valentina e Claudia – i loro genitori – è vedere la serenità sul loro volto quando riescono a realizzare se stess3, ad essere a proprio agio con il proprio corpo, al sicuro nella propria identità sociale.
In Italia per le persone transgender – le persone con una identità di genere che non corrisponde al genere assegnato alla nascita – la ricerca della felicità è un percorso in salita, pieno di ostacoli.
Nel nostro Paese esisto pochi Centri specializzati nella presa in carico e nel trattamento della varianza di genere, uno di questi è il Centro per l’incongruenza di genere dell’Ospedale Careggi di Firenze che di recente è stato oggetto di un’investigazione da parte del Ministero della Salute a seguito dell’interrogazione parlamentare a firma dell’on. Gasparri sui “potenziali pericoli per la salute legati alla somministrazione della triptorelina”, il farmaco che sospende in modo temporaneo e reversibile lo sviluppo della pubertà.
Questa interrogazione ha gettato ombre sui percorsi di affermazione di genere, sollevando dubbi e preoccupazioni che alla fine sono risultati del tutto infondati, poiché a indagine ministeriale conclusa non sono state attribuite responsabilità né al Centro per l’incongruenza di genere dell’Ospedale Careggi né all’equipe che ci lavora.
Ma tutto questo accanimento che ha avuto una ampia eco mediatica e ha prodotto un grande dibattito nell’opinione pubblica, che in mancanza di dati e informazioni scientifiche sul tema, si è polarizzata come “a favore” o “contro” questi percorsi di affermazione, senza conoscerli a fondo e senza comprendere il valore e l’urgenza di una presa in carico qualificata di queste famiglie.
L’identità di genere è la percezione stabile che le persone hanno di sè.
Tutte le persone hanno una identità di genere e le persone transgender sperimentano una identità di genere non allineata al genere assegnato loro alla nascita.
Gli studi scientifici hanno dimostrato che già intorno ai 3-5 anni si ha una chiara consapevolezza del proprio genere. Per questa ragione – per quanto lo si possa ritenere prematuro – già a questa età le persone piccole possono avere la necessità di parlare della propria identità in relazione al genere e il bisogno di essere ascoltate e accompagnate nel proprio percorso, piuttosto che corrette e ostacolate.
Le persone transgender rifiutano termini come disforia di genere o incongruenza di genere, perché sono patologizzanti. Preferiscono l’espressione varianza di genere o meglio ancora “euforia di genere” con la quale si intende una intensa gioia e soddisfazione nel vivere la propria identità in modo autentico.
La triptorelina è un farmaco sicuro che nel 70% dei casi in cui viene utilizzata previene depressioni, disturbi d’ansia, comportamenti autolesivi e ideazioni suicide tra adolescenti transgender.
Questo trattamento è definito sicuro e reversibile da ben 12 Società scientifiche tra cui la Società italiana di endocrinologia (Sie), la Società italiana di endocrinologia e diabetologia pediatrica (Siedp), la Società italiana genere, identità e salute (Sigis), la Società italiana di pediatria (Sip), la Società italiana di andrologia e medicina della sessualità (Siams) e l’Osservatorio nazionale sull’identità di genere (Onig) e serve a dare alle persone giovani la possibilità di consapevolizzare con maggior serenità la propria identità di genere senza vivere il disagio di un corpo che cambia nella direzione non voluta.
Avere più tempo significa consapevolizzare meglio la scelta di intraprendere o meno la TOS (Terapia ormonale sostitutiva) e/o eventuali future chirurgie. Impedire per falsi miti o credenze l’accesso alla triptorelina ad giovani persone trans significa esporle volutamente a rischi di salute e benessere psicofisico importanti.
Zoe ha 15 anni ed è ragazza transgender appassionata di make up. Per lei la felicità è la possibilità di essere per tutt3 soltanto Zoe.
Viola, quasi 12 anni, non ha paura di non essere accettata, è orgogliosa del suo percorso.
Romeo è un ragazzo transgender di 21 anni che vive e studia a Milano. Nonostante i tentativi fatti, non ha ancora ottenuto la rettifica anagrafica dei documenti di identità.
Per lui la felicità è un obiettivo ancora lontano.
Greta è una ragazza transgender di 17 anni che vive con sua madre Cinzia a Ravenna. Per lei la felicità è la possibilità di essere ovunque sé stessa senza che ciò costituisca un problema.
La felicità di Cinzia è strettamente legata alla serenità di Greta. “Sogno un mondo in cui nessuna persona soffra per ciò che è e sente di essere”.
Emma ha 11 anni e le idee chiare fin da quando ne aveva 3. Per lei, la felicità è stata poter dire “mamma sono una femmina” ed essere stata compresa.
Valentina sua madre ci ha messo un po’ per superare i suoi pregiudizi ma oggi grazie ad Emma è una persona migliore
Silvia, Claudia e Barbara sono le mamme di Zoe, Viola e Romeo.
Per tutte loro la felicità è l’assenza di etichette e di pregiudizi e la quotidianità di momenti identici a quelli che si vivono tutte le altre famiglie.
Luigi è il papà di Greta. Sarebbe felice se i percorsi di affermazione di genere in Italia fossero più accessibili e se la società fosse pronta a riconoscere il diritto alla felicità di ogni persona.
Come persone transgender, siamo consapevoli che spesso siano altre persone a parlare delle nostre vite, anche in modo strumentale. È importante invece che le narrazioni su di noi e sui nostri percorsi di affermazione di genere ci vedano protagoniste.
Per questo motivo abbiamo deciso come Arcigay Rete Trans* Nazionale di realizzare questa campagna, per promuovere una corretta informazione partendo dai nostri vissuti trans* su questi percorsi verso la felicità e sul supporto delle nostre famiglie, anche durante l’infanzia e l’adolescenza.
Una presa di parola necessaria che parla di felicità.
“Chiedimi se sono felice” racconta le storie di Greta, Romeo, Zoe, Emma e Viola e dei loro genitori Luigi, Cinzia, Barbara Silvia, Valentina e Claudia,ma può raccontare anche la tua.
Se sei una persona transgender o un genitore di una persona transgender raccontaci la tua storia. Realizza un breve video reel e pubblicala sui tuoi social taggando Arcigay – Rete Trans* Nazionale e utilizza l’hashtag #chiedimelo o #chiedimisesonofelice.
Abbiamo bisogno del tuo aiuto per far sentire queste voci. Condividi con amicз e familiari e aiutaci a portare avanti questo importante passo. Diffondi l’appello tramite WhatsApp e fai la differenza: